Visti  gli  atti  di causa n. 1/1999 R.G. Corte d'assise a carico
  di:  1) Taddeo  Marco,  2) Taddeo  Amedeo,  3) Di Domenico Antonio,
  4) Checchia  Andrea,  59) D'Alessandro Gianni, 6) Stanziani Daniel,
  7) Di   Paolo   Matteo,   8) Pavia   Alessio,  9) Biondi  Giuseppe,
  10) Sabatini Nicola, imputati:
        A) tutti  del delitto p.p. dall'art. 588, secondo comma, c.p.
  perche'  prendevano parte alla rissa nel corso della quale Zaccardi
  Sergio rimaneva ucciso, in Villa Santa Maria il 21 settembre 1997;
        B) il  5o,  6o,  7o, 8o, 9o, 10o del delitto p.p. dagli artt.
  110  e 575 c.p. perche', in concorso tra loro, cagionavano la morte
  di  Zaccardi Sergio mediante una stretta al collo e reiterati calci
  e  pugni  tra  i  quali  un  calcio  che  lo attingeva alla regione
  scrotale, in Villa Santa Maria il 21 settembre 1997.
    Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    All'udienza  preliminare tenutasi il 6 dicembre 1999 gli imputati
  di   omicidio  avanzarono  richiesta  di  rito  abbreviato  che  fu
  rigettata  dal g.u.p. per non aver prestato il consenso il pubblico
  ministero.
    Disposto  il  rinvio  a giudizio per l'udienza del 6 marzo 2000 i
  medesimi  imputati  hanno  in  fase  predibattimentale reiterato la
  richiesta  di  rito  abbreviato  ed,  in via subordinata, sollevato
  eccezione di incostituzionalita' della normativa (artt. 438, c.p.p.
  e  223, d.lgs. n. 51/1998 e 27, legge 16 dicembre 1999, n. 479) che
  non  consentirebbe l'ammissibilita' di tale rito dinanzi al giudice
  del  dibattimento  per i procedimenti penali pendenti alla data del
  2 gennaio  2000  una  volta escluso - per volonta' normativa (legge
  Carotti)  -  valore  vincolante al dissenso del pubblico ministero,
  per violazione degli artt. 3, 24, 25, 111 Costituzione.
    La  Corte  all'udienza  del  6  marzo  2000 ha emesso la seguente
  ordinanza  che  per comodita' qui viene trascritta, riservandosi di
  approfondire la questione di costituzionalita':
        ritenuto  che  nella  legislazione  vigente  manca  una norma
  transitoria   del   tipo   di  quella  ex  art. 247,  decreto-legge
  n. 271/1989 e che, allo stato, la sede principale per richiedere il
  giudizio  abbreviato  resta  l'udienza preliminare, salvo eccezioni
  non ricorrenti nelle presenti fattispecie;
        considerato  che  le  norme  transitorie di cui all'art. 223,
  decreto-legge  n. 51/1998,  rettificate  dall'art. 56  della  legge
  n. 479/1989, e inapplicabile al caso di specie poiche' si riferisce
  espressamente  ai  "giudizi  in  corso"  alla data di efficacia del
  decreto  n. 51  che  deve  individuarsi  nel  2 giugno 1999 in base
  all'art. 247  stessa  legge  cosi'  come  modificata dalla legge 16
  giugno  1998  n. 188  ed anche per effetto della mancata ammissione
  dell'art. 223  tra  le  disposizioni  la  cui  efficacia  e'  stata
  differita al 2 gennaio 2000 dal d.lgs. 24 maggio 1999, n. 145;
        rilevato che tale condizione temporale non e' ravvisabile nel
  presente  caso  in cui l'udienza preliminare si e' svolta in data 6
  dicembre  1999 e cio' comporta che la fase di giudizio disciplinata
  nel   libro   VII  del  codice  di  procedura  penale  deve  essere
  necessariamente collocata in un momento successivo.
    In  data  odierna  la  riserva  e'  stata  sciolta  e la Corte ha
  pronunciato la presente ordinanza.

                            D i r i t t o

    La   Corte   non  ritiene  fondata  l'eccezione  d'illegittimita'
  costituzionale  sotto  i  profili  rappresentati dalla difesa degli
  imputati.
    Osserva  innanzitutto  che  rispetto  alla vigente disciplina del
  giudizio  abbreviato non appare apprezzabile una concreta incidenza
  del  "giusto  processo"  in  base alla modifica dell'art. 111 della
  Costituzione  poiche'  non  e'  dato  cogliere  alcuna  lesione dei
  diritti  della  difesa,  ne'  l'art. 27, legge n. 479/1999 viene in
  alcun   modo   ad   incidere   sul  principio  dell'obbligatorieta'
  dell'azione  penale  contenuto  nell'art. 112  della  Costituzione,
  cosi' come pretende il pubblico ministero.
    Di poi, non ci si puo' dolere della privazione delle implicazioni
  sostanziali del rito abbreviato, cioe' della riduzione di 1/3 della
  pena,  alla  luce della sentenza n. 23 del 22-31 gennaio 1992 della
  Corte  costituzionale per effetto della quale viene riconosciuta al
  giudice,  all'esito  del dibattimento, la possibilita' di applicare
  la  riduzione  della  pena  prevista  dall'art. 442, secondo comma,
  c.p.p.  nel  caso  ritenesse che il processo poteva essere definito
  allo stato degli atti; infine non e' meritevole di apprezzamento il
  mero   interesse   dell'imputato  ad  evitare  la  pubblicita'  del
  dibattimento.
    Percio' non si possono ravvisare violazione del diritto di difesa
  (art. 24)  od  anche  sottrazione  della  controversia  al  giudice
  naturale  precostituito  per  legge  (art. 25)  od altri profili di
  violazione tratteggiati dai difensori.
    In  ultimo, atteso che la norma processuale obbedisce alla regola
  del  tempo regit actum, non e' dato cogliere nemmeno una disparita'
  di  trattamento tra imputati a seconda che abbiano subito l'udienza
  preliminare  prima  o  dopo  del  2  gennaio  2000 poiche' in campo
  processuale  non trovano applicazione le disposizioni del favor rei
  di  cui  all'art. 2  c.p.  e  non e' stata emessa una qualche norma
  transitoria    tesa    ad   eliminare   eventuali   disarmonie   ed
  incompatibilita'.
    Cio'   premesso,   la   Corte   solleva  d'ufficio  questione  di
  legittimita'  costituzionale  della normativa in questione sotto un
  diverso profilo.
    Ai  fini  di  tale  valutazione  e' necessario tenere presenti le
  vicende  normative che hanno interessato l'art. 223 in discorso, il
  quale, nella sua otiginaria formulazione disponeva che:
        1) Nei giudizi di primo grado in corso alla data di efficacia
  del    prsente    decreto,   se   l'imputato,   prima   dell'inizio
  dell'istruzione  dibattimentale,  chiede il giudizio abbreviato, il
  giudice,  acquisito il consenso del pubblico ministero, dispone con
  ordinanza  la  prosecuzione del giudizio osservando le disposizioni
  previste per l'udienza preliminare, in quanto applicabili.
        2) Se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, il
  giudice  indica  alle  parti  temi nuovi o incompleti e provvede ad
  assumere gli elementi necessari ai fini della decisione nelle forme
  previste dall'art. 422 del codice di procedura penale.
        4)  Si  applicano  le  disposizioni previste dagli artt. 441,
  secondo comma, 442 e 443 del codice di procedura penale.
    Con  tale  disposizione  il  legislatore  delegato  ha inteso, in
  ossequio  alla direttiva contenuta nell'art. 1, comma 2 della legge
  n. 254/1997  (contenente  delega ad emanare altresi' "la disciplina
  transitoria   rivolta  ad  assicurare  la  rapida  trattazione  dei
  procedimenti  pendenti,  civili e penali", introdurre uno strumento
  deflattivo  che consentisse "il recupero dell'operativita' dei riti
  alternativi  al  dibattimento  tramite  una sorta di "rimessione in
  termini  per la relativa richiesta" (cosi' si esprime, al par. 4.5,
  la relazione illustrativa del decreto legislativo): e' stato quindi
  previsto  che,  ferma  retando  la  disciplina  "ordinaria",  per i
  procedimenti  non ancora in fase di giudizio e per quelli nei quali
  era  gia'  iniziata l'istruzione dibattimentale in primo grado, nei
  procedimenti  per  i  quali  la  fase  del  giudizio (cioe' la fase
  introdotta  dall'emissione  del  decreto che dispone il giudizio in
  esito  all'udienza  preliminare  ovvero  del  decreto  di citazione
  diretta   a   giudizio   nelle   ipotesi  di  mancanza  di  udienza
  preliminare)  fosse  iniziata  prima  del  2  giugno  1999 (data di
  efficacia  del  d.lgs. n. 51/1998), gli imputati fossero ammessi (o
  riammnessi,  in  caso  di richiesta gia' precedentemente avanzata e
  non  accolta)  a  formulare richiesta di rito abbreviato e che tale
  richiesta, integrata dal consenso del pubblico ministero, non fosse
  soggetta   all'ulteriore   condizione   di   ammissibilita'   della
  valutazione  giudiziale  di  decidibilita'  allo  stato degli atti,
  potendo il giudice - in caso di insufficienza a fini decisori degli
  elementi  gia' acquisiti agli atti - soltanto svolgere un'attivita'
  di integrazione probatoria.
    In  tal  modo  e'  stato  introdotto  nell'ordinamento  un  "rito
  abbreviato   transitorio",  caratterizzato  essenzialmente  da  tre
  (oltre a quello temporale) profili di atipicita' (o eccezionalita')
  rispetto  a quello "ordinario", costituiti dall'organo competente a
  decidere  (giudice  del  dibattimento anziche' giudice dell'udienza
  preliminare),  dalla  non  necessita'  di  una  previa  valutazione
  giudiziale   di   decidibilita'  allo  stato  degli  atti  e  dalla
  generalizzata  possibilita' di integrazione probatoria da parte del
  giudice (non interessa qui rilevare un'ulteriore particolarita' del
  rito  abbreviato  transitorio  che  potrebbe  derivare  dall'omesso
  richiamo,  da  parte  dell'art. 223  del terzo comma dell'art. 441,
  c.p.p.).
    Le condizioni di applicabilita' del "rito abbreviato transitorio"
  sono  state  individuate  con  riferimento a due fattori temporali:
  inizio della fase del giudizio in epoca anteriore al 2 giugno 1999,
  data  di  efficacia della norma transitoria; mancato inizio, a tale
  data   (e   fino   al  momento  della  richiesta),  dell'istruzione
  dibattimentale.
    Entrambi    tali   criteri   di   discrimine,   pur   comportando
  l'applicabilita'  di discipline processuali differenziate, appaiono
  (se   valutati  con  riferimento  alle  originarie  formulazione  e
  finalita'  della  norma)  conformi  al  principio di ragionevolezza
  costituzionalizzato  dall'art. 3  della  Costituzione  (e  piu'  in
  generale  alle  norme costituzionali), in quanto basati su elementi
  che  valgono  effettivamente ed oggettivamente a differenziare, con
  riferimento    alla   finalita'   deflattiva   della   disposizione
  transitoria in esame, le situazioni alle quali e' applicabile l'una
  o l'altra disciplina e quindi a giustificare sul piano razionale il
  diverso  trattamento  ad  esse  riservato dal legislatore: il primo
  criterio  seleziona  attraverso un dato temporale oggettivo tutti i
  procedimenti  entrati  nella fase del giudizio di primo grado prima
  della   data   di   efficacia  della  norma  transitoria  (cioe'  i
  procedimenti  rispetto  ai  quali  l'esigenza  deflattiva si poneva
  concretamente  - nei limiti consentiti dalla legge delega -), senza
  introdurre   ulteriori   diffetenziazioni   temporali;  il  secondo
  criterio   seleziona,  nell'ambito  dei  procedimenti  suddetti  ed
  attraverso   un  dato  processuale  altrettanto  oggettivo,  quelli
  rispetto  ai  quali era ancora concretamente posibile recuperare il
  rito abbreviato in rapporto allo sviluppo processuale.
    In  altri termini, le originarie condizioni di applicabilita' del
  "rito   abbreviato   transitorio"  previste  dall'art. 223,  d.lgs.
  n. 51/1998  erano analoghe (salvo il diverso momento processuale di
  riferimento)  a  quelle contenute nell'art. 247, disp. att. c.p.p.,
  norma  avente  la  stessa  natura transitoria e la stessa finalita'
  deflattiva  di  quella  in  esame,  la  cui conformita' ai principi
  costituzionali  espressi  dall'art. 3  fu a suo tempo positivamente
  valutata  sia  dal  giudice delle leggi (si veda, ad esempio, Corte
  costituzionale   31   maggio  1990  n. 277),  sia  dalla  Corte  di
  cassazione  (tra tante: sez. VI, 24 giugno 1992 n. 7236; sez. V, 20
  marzo 1990 n. 3904; sez. I, 15 novembre 1990 n. 14836).
    Secondo  l'originaria  formulazione  dell'art. 223 in esame ed in
  base  al contesto processuale nel quale tale norma era inserita, la
  disciplina   transitoria   era   quindi   applicabile   a  tutti  i
  procedimenti    caratterizzati   dalle   condizioni   temporali   e
  processuali  previste,  mentre  a  tutti  i  restanti  procedimenti
  restava  applicabile  la disciplina ordinaria e cio' comportava, da
  un  lato,  che  fossero sottoposte a diverso trattamento situazioni
  effettivamente  differenziate  e,  dall'altro  lato,  che  tutte le
  situazioni  sostanzialmente  analoghe  fossero trattate secondo una
  stessa disciplina processuale.
    Successivamente  sono  pero'  mutati,  per effetto della legge 16
  dicembre  1999  n. 479, sia il complessivo contesto processuale (in
  ispecie la disciplina ordinaria del rito abbreviato), sia il tenore
  testuale   della  norma  transitoria  posta  dall'art. 223,  d.lgs.
  n. 51/1998.
    La   legge   n. 479/1999  ha  modificato  profondamente  il  rito
  abbreviato  "ordinario",  in  particolare  - e per quanto in questa
  sede  rileva  - espungendo dalle condizioni di ammissibilita' dello
  stesso  sia  il  necessario consenso del pubblico ministero, sia la
  valutazione  giudiziale  di  decidibilita'  allo stato degli atti e
  generalizzando il potere giudiziale di integrazione probatoria.
    Da  "patteggiamento  sul  rito"  il  giudizio abbreviato e' stato
  trasformato   in  rito  alternativo  la  cui  introduzione  dipende
  esclusivamente    da    una   scelta   processuale   dell'imputato,
  esercitabile  sino  all'udienza  preliminare  (o  comunque,  quando
  l'udienza preliminare manchi, prima dell'apertura del dibattimento)
  e comportante in caso di condanna la riduzione della pena in misura
  di  un terzo o la sostituzione della pena dell'ergastolo (ulteriore
  novita'  reintrodotta  dal  legislatore  del 1999) con quella della
  reclusione di anni trenta.
    Tale  nuovo "rito abbreviato ordinario" e' ovviamente applicabile
  soltanto a decorrere dall'entrata in vigore della legge n. 479/1999
  (2  gennaio  2000)  e  quindi  soltanto  ai  procedimenti nei quali
  l'udienza  preliminare  non si sia conclusa (ovvero il dibattimento
  non preceduto da udienza preliminare non sia stato aperto) in epoca
  antecedente al 2 gennaio 2000.
    Nella  legge in esame manca, invece, una disposizione transitoria
  che  detti  espressa  ed  apposita  disciplina  per  i procedimenti
  pregressi  gia'  in  fase  di  giudizio.  A  questo  proposito,  il
  legislatore  si  e'  limitato  (art. 56)  a  modificare l'art. 223,
  d.lgs.  n. 51/1998  (norma transitoria inserita in diverso contesto
  normativo  e  ad  altri  fini)  eliminando  l'inciso  "acquisito il
  consenso   del  pubblico  ministero"  ma  senza  introdurre  alcuna
  variazione   delle   condizioni   di  applicabilita'  dell'art. 223
  medesimo,  che  restano  quelle  originariamente  previste  e sopra
  evidenziate  (giudizio di primo grado in corso ante 2 giugno 1999 e
  istruttoria dibattimentale non ancora iniziata a tale data).
    In  tal  modo,  da  un  lato  la  disciplina del "rito abbreviato
  transitorio"  introdotto  dal  legislatore  delegato  del  1998  e'
  divenuta  praticamente uniforme a quella del "nuovo rito abbreviato
  ordinario",    (con   l'unica   rilevante   eccezione   dell'organo
  decidente),  in  particolare  per quanto concerne la non necessita'
  del   consenso   del   pubblico   ministero,  e,  dall'altro  lato,
  l'art. 223,  d.lgs.  n. 51/1998  ha  assunto, attraverso l'art. 56,
  legge  n. 479/1999,  la  natura  e la funzione di norma transitoria
  anche   di   tale   ultima   legge,   destinata   a   regolamentare
  l'applicazione  del  nuovo  rito  abbreviato  nel tempo antecedente
  l'entrata in vigore della stessa.
    Si  e'  gia'  detto  che  la  legge n. 479/1999 non ha inciso sul
  criterio  temporale  originanamente  previsto  dall'art. 223 d.lgs.
  n. 51/1998  per  regolare  l'applicabilita'  del  "rito  abbreviato
  transitorio"  come  peraltro sarebbe stato agevole fare sostituendo
  il  riferimento  alla  data di efficacia del "presente decreto" con
  quello alla data di entrata in vigore della legge successiva ovvero
  intervenendo  sull'art. 247  del decreto legislativo per modificare
  la data del 2 giugno 1999 ivi espressamente prevista.
    D'altra parte, non pare possibile estendere in via interpretativa
  il  criterio  temporale  in  questione, poiche' a fronte del tenore
  letterale  degli  art. 223  e  247,  d.lgs. n. 51/1998 collocare in
  epoca  diversa  dal  2 giugno 1999 la data di efficacia del decreto
  legislativo  e  -  conseguentemente  -  di applicabilita' del "rito
  abbreviato  transitorio significherebbe fare applicazione analogica
  di  una  norma  sicuramente eccezionale, in violazione dell'art. 14
  preleggi.
    Tutto  cio'  comporta  che,  mentre  nei  procedimenti  in cui il
  giudizio  era in corso il 2 giugno 1999 e' oggi possibile - purche'
  non  abbia  avuto  inizio  l'istruzione  dibattimentale  -  che gli
  imputati  chiedano  ed  ottengano  senz'altro  (a  prescindere  dal
  consenso  del  pubblico  ministero  ed  a  prescindere  anche dalla
  pregressa  proposizione - nell'udienza preliminare o nella fase del
  giudizio  - di analoga richiesta non accolta per qualsiasi ragione,
  non  essendovi alcuna previsione limitativa in tal senso) di essere
  giudicati  con  rito  abbreviato  dal giudice del dibattimento e di
  essere  eventualmente  condannati,  ad una pena ridotta di un terzo
  rispetto  a  quella che sarebbe stata altrimenti applicata e mentre
  analoga  facolta'  di  scelta del rito e di riduzione della pena in
  caso  di  condanna e' data agli imputati in procedimenti non ancora
  pervenuti  alla  fase  del giudizio alla data del 2 gennaio 2000 (i
  quali potranno avvalersi della nuova disciplina ordinaria), nessuna
  possibilita'  di  accedere  al  "nuovo"  giudizio  abbreviato,  non
  subordinato  al  consenso  del  p.m.  ed  alla positiva valutazione
  giudiziale  di  decidibilita'  allo  stato  degli  atti,  e' invece
  riconosciuta agli imputati i cui procedimenti siano transitati alla
  fase del giudizio nel lasso temporale compreso tra il 3 giugno 1999
  e   il   1  gennaio  2000,  anche  nel  caso  in  cui  l'istruzione
  dibattimentale  non  sia  ancora  iniziata  ed  anche  laddove  gli
  imputati  stessi  avessero richiesto in udienza preliminare il rito
  abbreviato  senza  ottenerlo  per dissenso del pubblico ministero o
  per  esito  negativo  della valutazione giudiziale di decidibilita'
  allo stato degli atti.
    Costoro,  per  il solo fatto di essere pervenuti al giudizio dopo
  la  data  di  efficacia  del  d.lgs.  n. 51/1998  e  di avere avuto
  l'udienza  preliminare  prima della data di entrata in vigore della
  legge  n. 479/1999,  non  sono  in alcun modo ammessi a beneficiare
  della  trasformazione e normativa del rito abbreviato ed i relativi
  procedimenti  non  sono  in  alcun modo suscettibili di definizione
  anticipata.
    Schematizzando (e limitando l'attenzione ai procedimenti, come il
  presente, per i quali e' prevista l'udienza preliminare), sono oggi
  configurabili tre diverse discipline di rito abbreviato:
        1)  "vecchio  rito abbreviato ordinario", ammissibile davanti
  al giudice dell'udienza preliminare solo a condizione che vi sia il
  consenso  del  p.m. e che il giudice ritenga il processo definibile
  allo stato degli atti;
        2)  "nuovo  rito abbreviato ordinario" ammissibile davanti al
  giudice  dell'udienza preliminare a condizione della sola richiesta
  da  parte  dell'imputato,  senza necessita' del consenso del p.m. e
  della  positiva  valutazione giudiziale di decidibilita' allo stato
  degli atti;
        3)  "rito  abbreviato  transitorio"  ammissibile  davanti  al
  giudice del dibattimento a condizione della sola richiesta da parte
  dell'  imputato,  senza  necessita'  del  consenso del p.m. e della
  positiva  valutazione  giudiziale di decidibilita' allo stato degli
  atti.
    In  relazione  all'applicabilita'  dell'una  o  dell'altra  delle
  suddette discipline, sono poi enucleabili le seguenti situazioni:
        a)  procedimenti  con udienza preliminare svoltasi entro il 2
  giugno  1999  e  con istruzione dibattimentale non ancora iniziata.
  Era   applicabile  il  "vecchio  rito  abbreviato  ordinario"  sino
  all'udienza   preliminare  ed  e'  applicabile  altresi'  il  "rito
  abbreviato  transitorio":  i  relativi  imputati,  abbiano  o  meno
  avanzato   in  precedenza  analoga  richiesta  davanti  al  giudice
  dell'udienza  preliminare, possono chiedere ed ottenere il giudizio
  abbreviato  davanti  al  giudice  del  dibattimento  anche senza il
  consenso  del  p.m.  e anche laddove il processo non sia definibile
  allo stato degli atti;
        b)  procedimenti  con  udienza  preliminare svoltasi tra il 3
  gennaio  1999  ed il 1 gennaio 2000 e con istruzione dibattimentale
  non ancora iniziata. E' applicabile esclusivamente il "vecchio rito
  abbreviato   ordinario"   i   relativi   imputati  hanno  avuto  la
  possibilita'  soltanto  di chiedere il rito alternativo all'udienza
  preliminare,  con ammissibilita' subordinata al consenso del p.m. e
  alla  ritenuta  decidibilita' allo stato degli atti, ma non possono
  avanzare   (o  rinnovare)  la  richiesta  davanti  al  giudice  del
  dibattimento  senza  necessita'  di  consenso  del p.m. e di previa
  positiva  valutazione  giudiziale di decidibilita' allo stato degli
  atti;
        c)  procedimenti  con  udienza preliminare svoltasi dopo il 1
  gennaio 2000. E' applicabile il "nuovo rito abbreviato ordinano": i
  relativi  imputati  possono quindi chiedere ed ottenere il giudizio
  abbreviato  davanti al giudice dell'udienza preliminare anche senza
  il consenso del p.m. e anche laddove il processo non sia definibile
  allo stato degli atti.
    Appare  evidente  come il differente trattamento delle situazioni
  sub   b) rispetto   alle   situazioni  sub  a)  relativamente  alle
  condizioni  di  accesso  al  rito abbreviato (necessita' o meno del
  consenso  del  p.m.  e  della  decidibilita'  allo stato degli atti
  ritenuta   dal   giudice)   non  trovi  giustificazione  in  alcuna
  sostanziale  ed effettiva differenza tra le situazioni medesime, le
  quali  sono  -  al  contrario - accomunate dalle circostanze che si
  tratta  di procedimenti in cui l'udienza preliminare si e' conclusa
  prima  del  2 gennaio 2000 ed in cui l'istruzione dibattimentale di
  primo grado non ha ancora avuto inizio.
    Il  dato temporale del 2 giugno 1999, individuato dall'originario
  art. 223,  d.lgs.  n. 51/1998  quale  discrimine  tra  procedimenti
  suscettibili  di  definizione con rito abbreviato transitorio anche
  in  corso  di  giudizio  e procedimenti suscettibili di definizione
  solo con rito abbreviato ordinario, era idoneo - come si e' detto -
  a  selezionare  situazioni  effettivamente  differenti con riguardo
  alle  finalita' esclusivamente deflattive avute di mira dalla norma
  ed a giustificare il differente trattamento delle stesse, poiche' -
  nel  limitare l'applicabilita' del rito transitorio ai giudizi gia'
  in corso al momento della propria efficacia senza incidere sul rito
  abbreviato  ordinarrio - non introduceva ulteriori differenziazioni
  tra   i  giudizi  in  corso  (rispetto  ai  quali  deflazionare  il
  dibattimento) e procedimenti futuri.
    Ma  il  medesimo  dato  temporale  non  puo' piu' svolgere alcuna
  funzione  di individuazione di situazioni effettivamente differenti
  allorche',  con  la  modifica del rito abbreviato ordinario operata
  dagli artt. da 27 a 31 della legge n. 479/1999 e con il contestuale
  adeguamento di quello transitorio operato dall'art. 56 della stessa
  legge,  esso  viene  utilizzato  non piu' (soltanto) per segnare il
  limite  di  operativita'  di  uno strumento deflattivo, ma (anche e
  soprattutto)  per  rendere  applicabili le peculiarita' della nuova
  disciplina  processuale  -  al  di  la'  dei  limiti connaturali al
  principio  generale tempus regit actum - anche ai procedimenti gia'
  in  fase di giudizio al momento della entrata in vigore della nuova
  disciplina stessa.
    E cio' perche' quel dato temporale (il 2 giugno 1999) e' privo di
  qualsiasi  connessione,  sotto  il  profilo  logico-razionale,  con
  quello che avrebbe dovuto segnare il discimine tra passato e futuro
  della nuova disciplina, rappresentato dalla entrata in vigore della
  legge  n. 479/1999  (il  2  gennaio  2000).  In  altri  termini, la
  surrettizia  utilizazione dell'art. 223 del d.lgs. n. 51/1998 quale
  norma   transitoria   della  nuova  regolamentazione  del  giudizio
  abbreviato  posta  dalla  legge  n. 479/1999 (realizzata tramite la
  modifica   dell'art. 223  da  parte  dell'art. 56  della  legge  in
  questione)    avrebbe    richiesto    -    per   non   discriminare
  ingiustificatamente   le   situazioni   pregresse   rispetto   alla
  applicabilita'  delle  peculiarita'  caratterizanti  il  nuovo rito
  abbreviato  -  che il criterio cronologico originariamente previsto
  dall'art. 223  fosse  sostituito da un diverso criterio cronologico
  che  tenesse  conto  del  lasso  temporale  compreso tra la data di
  efficacia  di  quella  norma  e  la data di entrata in vigore delle
  nuove norme da applicare in via transitoria.
    La  legge  n. 479/1999 avrebbe potuto limitare al futuro i propri
  effetti,  senza  prevedere alcuna disciplina transitoria (ed in tal
  caso in tutti i procedimenti la cui udienza preliminare si era gia'
  svolta  prima dell'entrata in vigore della legge il rito abbreviato
  sarebbe   rimasto   subordinato   al   consenso   del  p.m.,  salva
  l'applicabilita'   dello   strumento   deflattivo  gia'  introdotto
  dall'art. 223   citato)   ovvero   avrebbe   potuto   estendere  la
  possibilita'  di accesso al rito abbreviato senza consenso del p.m.
  anche  a tutti i procedimenti gia' in fase di giudizio al 2 gennaio
  2000   nei   quali   non   fosse   ancora   iniziata   l'istruzione
  dibattimentale  (e  cio'  attraverso una apposita norma transitoria
  ovvero   attraverso  un  piu'  articolato  intervento  di  modifica
  sull'art. 223 del decreto legislativo n.51/1998).
    Il  legislatore  del  1999,  invece, ha percorso la piu' tortuosa
  strada  della  modificazione  soltanto parziale del citato art. 223
  realizzando  l'effetto  concreto di estendere la applicabilita' del
  rito abbreviato senza consenso del p.m. - oltre che ai procedimenti
  con udienza preliminare tenuta in data successiva al 1 gennaio 2000
  -  ai soli procedimenti con udienza preliminare svoltasi entro il 2
  giugno  1999  e  di esluderla invece per i procedimenti con udienza
  preliminare  svoltasi tra il 3 giugno 1999 e il 1 gennaio 2000, con
  cio'   introducendo  un  trattamento  differenziato  di  situazioni
  identiche  (procedimenti  con  udienza preliminare gia' svolta alla
  data  di  entrata  in  vigore  della  nuova disciplina del giudizio
  abbreviato) che non trova alcuna giustificazione logico-razionale.
    L'art. 223  del  decreto  legislativo n. 51/1998, come modificato
  dall'art. 56,  legge  n. 479/1999,  nella  parte  in  cui limita la
  possibilita'  di accedere al giudizio abbreviato senza consenso del
  pubblico  ministero agli imputati nei giudizi in corso alla data di
  efficacia  del  d.lgs. n. 51/1998 (2 giugno 1999), senza estenderla
  agli  imputati  in tutti i giudizi in corso alla data di entrata in
  vigore  della  legge  n. 479/1999 (2 gennaio 2000), sembra porsi in
  contrasto    anzitutto   con   il   principio   di   ragionevolezza
  costituzionalizzato  dall'art. 3  della legge fondamentale, secondo
  il costante insegnamento del giudice delle leggi.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 483,
  c.p.p.  e  dell'art. 223,  d.lgs.  n. 51/1998, come rispettivamente
  modificati  dagli  artt. 27 e 56, legge n. 479/1999, e' dunque, nei
  limiti  suddetti,  non  manifestamente  infondata  con  riferimento
  all'art. 3 della Costituzione.
    Cio' detto circa la non manifesta infondatezza della questione di
  legittimita'   costituzionale  specificata,  risulta  nella  specie
  sussistente  anche  il  requisito  della  rilevanza.  Nel  presente
  procedimento, infatti, l'udienza preliminare si e' svolta nel lasso
  temporale  compreso  tra  il 3 giugno 1999 e il 1 gennaio 2000 e la
  richiesta  di  giudizio  abbreviato  ai sensi dell'art. 223, d.lgs.
  n. 51/1998  e'  stata  avanzata  prima  dell'inizio dell'istruzione
  dibattimentale di primo grado.
    Pertanto,  ove  la  questione di costituzionalita' fosse ritenuta
  fondata  e  l'applicabilita'  dell'art. 223  citato  fosse estesa a
  tutti i giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge
  n. 497/1999,  nei  confronti  degli  imputati  richiedenti dovrebbe
  procedersi  con  rito  abbreviato,  anziche'  con il rito ordinario
  imposto   dall'attuale   formulazione  della  norma  sospettata  di
  incostituzionalita'.       Ne'  il  rilevato  contrasto  con  norme
  costituzionali   e'   suscettibile   di   essere  superato  in  via
  ermeneutica,  poiche'  -  come  si e' gia' sottolineato - il tenore
  testuale   dell'art. 223  (e  del  connesso  art. 247)  del  d.lgs.
  n. 51/1998  non  pare compatibile con la individuazione della "data
  di  efficacia  del presente decreto" nel 2 gennaio 2000, sicche' la
  estensione della disciplina transitoria a tutti i giudizi in corso,
  lungi   dal   costituire   la   interpretazione  costituzionalmente
  compatibile   della   norma   in  questione,  rappresenterebbe  una
  inammissibile applicazione analogica di norma eccezionale.
    Pertanto,  a  norma  dell'art. 23  della  legge  n. 87/1953, deve
  essere  rimessa  alla Corte costituzionale, cui vanno trasmessi gli
  atti,  la  questione  di  legittimita' costituzionale, in relazione
  all'art.  3  della  Costituzione,  degli  artt. 483,  c.p.p. e 223,
  d.lgs.  n. 51/1998, come modificati dagli artt. 27 e 56 della legge
  n. 479/1999,  nella  parte  in  cui  limitano  la  possibilita'  di
  accedere   al  giudizio  abbreviato  senza  consenso  del  pubblico
  ministero agli imputati nei giudizi in corso alla data di efficacia
  del  d.lgs.  n. 51/1998,  senza estenderla agli imputati in tutti i
  giudizi  in  corso  alla  data  di  entrata  in  vigore della legge
  n. 479/1999.  Il  presente  giudizio  deve  essere conseguentemente
  sospeso.